[SUONO] [MUSICA] [MUSICA] La ceramica, oltre ad essere il principale ritrovamento degli archeologi, diventa nelle mani dell'archeologo che procede con uno scavo stratigrafico un vero e proprio marker, un indicatore preciso sia della cronologia che, attraverso degli studi che intersecano gli aspetti tecnologici e anche attraverso delle analisi molto particolari, ci parlano proprio della vita quotidiana e anche dell'organizzazione produttiva, economica e sociale di una comunità. Qui vediamo uno dei fossili guida dell'archeologia fenicio-punica: la ceramica cosiddetta "red slip", cioè rivestita di questa ingubbiatura rossa, un rivestimento rosso applicato per immersione o anche delle volte dipinto e lucidato che serviva a imitare i prototipi di metallo, che non troviamo mai, perché sono stati rifusi, e che erano molto comuni, molto di moda, nell'espansione fenicia in Occidente. Questi vasi vengono importati dalla madrepatria e bisogna attendere un paio di generazioni per arrivare a una produzione in loco. Le tipologie sono numerose sono dei vasi da tavola, quindi delle coppe, delle coppe carenate, come vedete quelle in basso, a volte anche dipinte con dei cerchi, di solito di pittura nera. Poi ci sono coppe emisferiche, ci sono calici, ecco vedete qui un esempio, con una carenatura un pochino più alta, e ci sono poi delle brocche. Queste brocche sono di vari tipi. Via via che le comunità coloniali si sviluppano, noi vediamo come ogni tipo tende ad essere utilizzato in un contesto diverso. Ovviamente i contesti che più ci hanno restituito questi reperti sono le tombe, i contesti funerari, quindi le necropoli e poi i tofet. Questo chiaramente crea per noi una sort of di confusione, nel senso: ci falsa un po' il dato, però è lo stesso importante per la conoscenza dei tipi. Un altro grande ambito ovviamente per i Fenici erano le giare da trasporto, le anfore da trasporto, giare è il termine che viene usato nel Levante. Queste anfore da trasporto erano il pane quotidiano in una civiltà di naviganti e quindi si ritrovano numerose, hanno una forma ovoidale o una forma cosiddetta "torpedo", cioè con una spalla marcata che quasi arriva ad avere una carena. Infine c'è tutta una parte del repertorio che invece come abbiamo visto, è fatto da ceramica di impasto, quindi da ceramica fatta a mano, che non viene rifinita al tornio e che è un po' tutto ciò che serve per esempio nella preparazione del cibo nella cucina. Questo gruppo di produzioni sono molto legate al contatto che i Fenici hanno nell'Occidente con gli indigeni. È infatti proprio in questo contesto, nel contesto degli impasti, che si sviluppano delle forme di ceramica imitata dai tipi fenici, ma realizzata nelle paste fenicie, come questa red slip con un corpo però di impasto. Poi un altro grande settore della ceramica è quello delle importazioni, le importazioni provengono da Cipro, dal Levante stesso, ovviamente dalla Grecia, come vedremo, e vediamo la ricchezza della sequenza tipologica di un sito come Mozia, dove addirittura si riescono a marcare tutti i vari decenni dei secoli di vita della città. Alcuni vasi sono un po' dei simboli, come per esempio il bacino tripode, cioè un vaso che serviva per preparare queste cremine, questi impasti fatti per esempio con i legumi, che erano stati importati, come i ceci, la pasta di ceci, che veniva consumata proprio nell'ambito della dieta dei Fenici, che poi un giorno diventerà la dieta mediterranea. Oppure qui invece è molto interessante, delle forme che originano dalla cultura greca, dallo skyphos e dalla kotyle, che sono le due forme, i vasi potori, i vasi per bere e per brindare, del banchetto dei Greci, i Fenici li imitano, come vedete, con una ceramica di qualità assai inferiore rispetto a quella greca, però sempre con un gusto decorativo, con la pittura, con la red slip. E quindi abbiamo veramente un quadro molto ampio e ricco. Ci sono anche delle anfore che non sono da trasporto, le cosiddette anfore domestiche. Queste sono caratterizzate da un collo svasato, detto anche "a tromba" o cilindrico. Però sicuramente il vaso che più rappresenta i Fenici in Occidente è questa pentola o olla monoansata. È un pentolino che è veramente diffusissimo. Viene per esempio nei corredi tombali aggiunto, solo in Occidente, a tutte le tombe. Come si sia formata questa forma e come abbia raccordo questa popolarità non lo sappiamo ancora, è un tema della ricerca che stiamo portando avanti. È sicuro che questo è legato a un modo di mangiare e a un modo di stare insieme di una comunità piccola, vedete, la dimensione del vaso è abbastanza piccola, ha un diametro di una decina di centimetri, anche meno. È quasi una cosa nucleare, familiare, individuale, e questa pentolina è proprio tipica dei Fenici in Occidente. La ceramica rappresenta effettivamente la molecola dell'archeologo, cioè l'elemento base su cui si fonda tutta quanta la possibilità di indagare molti aspetti dell'antica vita quotidiana in questo caso dei Fenici, ma in generale di tutti i popoli dell'antichità. La ceramica viene studiata in modo molto accurato oggi, viene classificata, schedata sia per tipi che per impasti. Per impasti si intende la pasta ceramica che costituisce il corpo del vaso, come questa è stata, prima di tutto prodotta, con quali argille e come sono state purificate queste argille, con quali sgrassanti e quali tempere la plasticità della ceramica è stata mitigata per impedire che durante la cottura i vasi si spezzassero. Ovviamente un contesto come Mozia restituisce una varietà di tipi ceramici, una varietà di forme, di funzioni e anche proprio di fabbriche. Le più famose a Mozia sono ovviamente queste cosiddette red slip, che era la tipica produzione dei Fenici, specie nel primo periodo della loro storia con un'ingubbiatura rossa, che dava questo colore lucente o, come vediamo in questo bellissimo piatto o coppetta, che serviva per imitare il bronzo. Effettivamente molte di queste produzioni ceramiche erano fatte come succedanei di altri prodotti realizzati in metallo, che erano assai più di lusso, ma si trovano molto più raramente. La ceramica viene anche studiata per capire quale fosse il contenuto dei vasi e quindi quale fosse il procedimento, per esempio, di preparazione degli alimenti o infine come fossero trasportati i prodotti alimentari, ma anche altri prodotti usando questi contenitori e quindi tutto il vasto campo dello studio delle anfore che venivano commerciate attraverso tutto il Mediterraneo. Basti dire che proprio da queste anfore, dal loro studio, dalla composizione dei loro impasti noi conosciamo delle reti commerciali straordinarie, che univano tutte le isole, le grandi isole del Mediterraneo, le isole della Grecia, la costa della Spagna fino alla Sardegna, alla Tunisia e a Malta, a Creta. Insomma, una vera e complicata rete di relazioni che vengono ricostruite via via. Ovviamente anche nella ceramica il repertorio di Mozia è ricchissimo, noi troviamo frammenti che provengono da Cipro, da tutte le isole del Mediterraneo e che sono di varie date e antichità, ma quelli che colpiscono forse di più sono, come questo cratere attico, i vasi che i ricchissimi Moziesi importavano dalla Grecia. Infatti, proprio per dimostrare le loro possibilità economiche, i mercanti di Mozia compravano la ceramica greca, quella della massima qualità, come questo cratere a figure rosse. E la compravano non dai loro vicini, i Greci di Sicilia, i cosiddetti Sicelioti di Siracusa, Agrigento, Messina, ma la compravano direttamente in Grecia, in Attica, ad Atene. Ed ecco quindi questi bellissimi reperti, che sono molto utili, perché sono tra i pochi che sono stati ritrovati negli scavi e non nelle tombe, come usualmente accade. Quindi abbiamo un'informazione in più cioè qual era l'uso reale di questi vasi nella vita quotidiana di una comunità. Per esempio questo vaso, il cratere di Alcimedonte, è stato trovato in un tempio, offerto in un tempio, e così via. Il team della missione dell'Università di Roma la Sapienza a Mozia ha portato un nuovo approccio multidisciplinare, la possibilità, dovuta anche alle grandi e differenziate capacità dei nostri studiosi, di affrontare tutto il repertorio dei ritrovamenti sull'isola. E quindi per esempio qui abbiamo i resti faunistici. Diana, che è una studiosa spagnola che si è unita a noi perché è molto esperta di questi resti, ha una passione bisogna dire, per questi resti, ci sta aiutando a classificare tutto ciò che viene ritrovato, che è stato scavato, che appartiene all'antico mondo animale e che ci dà veramente una grande finestra sull'ambiente in cui viveva la comunità degli antichi Fenici di Mozia. La ricostruzione dell'ambiente e del rapporto tra la comunità e questo ambiente è importantissima per capire anche dei meccanismi dell'economia, ma anche un fattore culturale, cioè quali scelte questa comunità faceva che si collegano agli usi e alle tradizioni che essa portava con sé, magari anche da lontano, dal passato, dall'Oriente, come per esempio i tabù alimentari, la dieta, l'uso di alcuni animali solo per alcune funzioni sono tutti importantissimi filoni di ricerca che portiamo avanti con un gruppo di studiosi completamente differenziato, perché si parla di paleobotanica, si parla ovviamente di biologia e con uno straordinario e innovativo uso dello studio del DNA e quindi il metagenoma e poi ovviamente ci sono gli studi faunistici della zooarcheologa che vengono fatti in modo sistematico. È la prima volta che un sito del Mediterraneo centrale viene campionato in modo completamente sistematico, quindi noi abbiamo anche un campione statistico molto rilevante e infatti i ritrovamenti sono veramente incredibili, perché i reperti illustrano tutta la gamma di animali sia domestici che selvatici che nell'antichità erano sfruttati dall'uomo. Si va dai pesci, dal famoso tonno che era uno dei pilastri della dieta moziese, ai caprovini, gli ovini, gli equidi, in particolare alcuni elementi sono molto interessanti. Vedete, questa è una scoperta di quest'anno, è veramente straordinaria perché è uno zoccolo di cavallo, di cavallino e la presenza del cavallo sull'isola già in strati che risalgono all'inizio del I millennio è comunque di grande interesse, di grande importanza. Sarà molto utile cercare di tracciare la provenienza di questo animale. Sapete che è un animale che ha un ruolo fondamentale nelle società antiche, quindi è veramente una scoperta interessante. Molto tipico di Mozia è una forte percentuale di presenza di Cervus Elaphus, cioè del cervo proprio locale della Sicilia che tra l'altro è un animale di una taglia un po' ridotta rispetto al cervo che noi conosciamo nella penisola italiana contemporaneamente nelle stesse epoche, cioè sempre nei primi due millenni prima di Cristo. Questo animale era molto utilizzato specie nei contesti votivi. Era sfruttato, ovviamente, il corno di cervo per fare pugnali, per fare immanicature di pugnali e per fare anche altri strumenti che venivano usati nella vita quotidiana. Quindi al di là di una certa apparenza c'è una varietà di animali, ci sono anche i suini, ci sono i molluschi e, ovviamente come vedete, non manca mai il murice, che è la conchiglia che i Fenici utilizzavano per estrarre la porpora e tingere. Quindi è proprio con questo approccio così ampio che l'informazione storica che l'archeologia riesce a dare aumenta di qualità. Noi non abbiamo solo necessità di ricostruire una sequenza di eventi o la grandezza o la ricchezza di una città, ma di conoscere negli aspetti qualitativi le scelte che le comunità facevano e cercare di capire meglio la storia. [SUONO] [VUOTO]